C’è un motivo per cui amo i fumetti.
I fumetti online.
Perché possono dare TUTTO con un disegno come QUESTO:
C’è un motivo per cui amo i fumetti.
I fumetti online.
Perché possono dare TUTTO con un disegno come QUESTO:
Un addendum a ciò che ho scritto ieri sera.
Si parla tanto di recente di questa povera Eluana Englaro la cui più grande sfiga non è stata ritrovarsi nello stato in cui è quanto che la sua vicenda sia finita sui giornali – dal suo stato normalmente ci si esce “magicamente” dopo poco, ma per lei… Lei no, è una figura pubblica, ormai più famosa di quelli sull’Isola dei Famosi. Non la si può lasciar schiattare.
Ora, senza andare sull’argomento eutanasia che sarebbe qualcosa meritevole di pagine e pagine di discussioni. Che un giorno farò.
In addendum a ciò che ho scritto ieri.
Se la vita di una persona ormai più morta che viva viene preservata all’inverosimile, se ci sono persone che si battono perché la vita vada avanti ad oltranza, anche se dipendente da delle macchine e a prescindere dalla sua inutilità…
Io, da queste persone, che comportamento mi devo aspettare riguardo all’immortalità (da tecnologia)?
Dovrei fare questo post probabilmente dopo aver letto i Viaggi di Gulliver nella parte riguardante gli Struldbrug, gli immortali.
Ma visto che probabilmente leggerò questo libro in un periodo che andrà tra i miei 50/100 anni, farò meglio a parlarne ora.
Rimanderò al futuro la discussione su come mai l’immortalità è un mostro sacro (non si parla di immortalità. Mai.)
Voglio semplicemente portare una piccola considerazione di carattere sociale, sull’immortalità.
La nostra vita intera è regolata dal fatto che la natura ha deciso, per questioni di carattere puramente evoluzionistico, che noi un giorno schiatteremo.
Siamo regolati dalla morte e facciamo per il piacere.
Uniti questi due fattori abbiamo la nostra linea comportamentale – almeno ciò che uno spera di poter vivere.
Molti scopano come ossessi, più che possono, perché vogliono farlo più possibile finché sono in tempo, finché la loro faccia non diventa come un foglio accartocciato per le rughe e il loro fisico non può più stare appresso a certe cose. Molti vivono da giovani, al massimo, il più tempo possibile, per ottenere tutto quello che riescono finché possono.
C’è invece chi conduce una vita sana per cercare di allungarla il più possibile o per avere un periodo migliore nelle fasi successive della propria esistenza. C’è chi si sposa tardi perché vuole vivere la gioventù bene. C’è chi fa figli presto perché così ha meno rischi e ha più tempo per godersi la vita familiare.
Tutto perché il nostro orologio biologico ticchetta verso una meta e ci scandisce le epoche in cui possiamo o non possiamo fare certe cose.
Ferma l’orologio.
Ferma tutto.
Una volta tolto il “tempo massimo”, una volta tolto uno dei due caratteri principali della vita, rimane solo… Il piacere, no?
Ma il piacere è qualcosa di scarso, qualcosa di sfuggente, qualcosa di così temporaneo. Soprattutto se lo si basa su cose futili, su alcune di quelle sciocchezze prima citate.
Una persona golosa, con un’immortalità tecnologica che gli permette di mangiare senza diventare mai grasso, senza aver problemi.
Cosa fa? Mangia. Mangia quanto vuole, mangia come un dannato. Mangia fino ad ingozzarsi dei cibi preferiti, quantità di cibo industriali, che farebbero esplodere un essere normale.
E poi? Smette.
Basta.
Trombi come un ossesso, passi la tua vita per night club, sempre in discoteca a prendere su ogni giorno 10 nuove avventure?
E poi? Basta. Che palle, in tutti i sensi.
Cominci ad imparare. Impari perché hai tempo di imparare. Impari ogni cosa, impari tutto lo scibile. Hai tempo. Hai la possibilità. Diventi il tuo Dio.
Cominci ad aiutare gli altri. Tu non hai più bisogno di nulla, tu non hai piacere per le cose futili, allora devi cominciare a fare cose importanti. Puoi guidare, bere, mangiare, trombare, cazzeggiare, drogarti, fare tutto quello che ti pare e non ti dà più la minima sensazione. Cominci a fare le cose per cui davvero ha senso vivere, perché ti sono rimaste davvero solo quelle.
Possibile che cominci a vivere davvero? Quando i tuoi sentimenti di piacere vengono reindirizzati a forza verso le cose che contano…
E se tutti facessero così?
Da sempre il libro viene considerato la forma massima di cultura, il non plus ultra dell’informazione e della trasmissione di robba bella e importante.
Un tot di statistiche mi fanno venire alla mente un paio di pensieri molto differenti da questo luogo comune.
Nel nostro paese, secondo un articolo di Repubblica su dati Istat che non voglio stare a ritrovare che ho ritrovato, vengono pubblicati qualcosa come 40 romanzi al giorno, (su 56 mila di vendite quotidiane) e in generale vengono pubblicati 53 mila nuovi libri all’anno.
53 mila nuovi libri all’anno significa che ci sono 53 mila persone che hanno deciso di scrivere qualcosa e che vengono pubblicate.
Il giorno che qualcuno mi dirà come si può evitare ciò che non mi piace – e io sono schizzinosissimo in termini di letture – in mezzo alla marea di roba che viene ed è stata prodotta forse comincerò ad apprezzare di più la lettura; è un po’ come le ragazze, non sono un tipo a cui piace andare a caso, pescare nel mucchio sperando che mi vada bene.
Ora, a prescindere dai miei gusti letterari – che fanno decisamente schifo, dovrei ripigliarmi – un’industria in cui viene riversata così tanta mer*a perde tutta la mia stima come fonte di cultura. Certo, negli tsunami di carta prodotti ci saranno anche capolavori e bellissimi libri, ma qui si raggiungono i livelli delle famose infinite scimmie che finiscono per scrivere Shakespeare.
Hai voglia a dire che i libri sono cultura, che sono cibo per la mente. Se ci sono 53 mila stronzi all’anno che scrivono, saranno mica tutti bravi. Se si somma questo numero con tutti quelli che hanno scritto nel passato, chissà quanti milioni di persone avranno scritto la roba che vediamo negli scaffali, sono numeri che fanno girare letteralmente la testa.
Se uno vede il libro di un calciatore sullo scaffale pensa “ma che cazzo deve scrivere uno con la licenza media che a malapena sa coniugare il verbo amare al presente”, ma se uno vede un romanzo rosa di Gregaria Fallapiò, professione bidella, titolato “L’amore che Conta” pensa “che mattone” ma non “che cazzo si scrive sta qui, che pensi a pulire i pavimenti”.
Con 8000 editori anche mio cugino di 8 anni può permettersi di vedersi il libro pubblicato, con tutta probabilità. OTTOMILA EDITORI.
Praticamente è come se la frazione dove vivo si mettesse da un giorno per l’altro tutta – in blocco – a pubblicare libri. Bambini e vecchi inclusi.
E mi vengono dire che è cultura. Se io vedo un cd di un gruppo del cazzo, con una copertina del cazzo, che nella preview di iTunes sembra di sentire un quintetto di facoceri che rutta nel microfono io non penso “ah, la cultura musicale” ma penso “ma chi ha avuto la pessima idea di produrre sti pirletti? Ma perché non vengo prodotto _io_ a questo punto?”
Tanto quanto se io vedo che la bidella del mio liceo in una pausa tra Novella 2000, un caffè e una lavata ai cessi si legge “I casi dell’ispettore Margnuffò”, pseudo noir (visto che un libro pubblicato su 7 al giorno è un giallo/thriller/simile) scritto da Michela Cargnagna, maestra delle elementari di Lercara Friddi, non penso che si stia facendo una cultura, ho smesso pure di pensare “si sta leggendo un buon libro”. Ha tra le mani una cagata e il fatto che sia scritta non la eleverà di certo da tale status.
Le piace? Benissimo. Sono felice per lei. Esattamente come i facoceri che ruttano faranno felici un tot di metallari darkettoni che si spaccano le orecchie con il brutalmetalgrindcoredeathnapalmdeathgorepissfuckyeah metal, genere che loro e solo altre trenta persone (incluso il gruppo, e tutti norvegesi) ascoltano.
Ma io sarei per piantarla di vedere il libro come questa sacra ed intoccabile fonte di cultura, a prescindere dai contenuti.
Con che coraggio, dico, con che coraggio usano ancora la frase “dal regista di _inserire nome di film bello_” per presentare un nuovo film.
Lo leggo ancora, sui cartelloni. Dal produttore del film xyz fico, che ti era piaciuto, o forse ti aveva fatto schifo ma ti ricordi solo che c’erano più effetti speciali in 10 secondi di film di quanti ne avessi mai visti fino a quel momento. Sì, proprio lui, ha fatto un altro film.
Se ti era piaciuto significa che anche questo film ti piacerà di sicuro.
Cosa? Il primo film parlava di alieni zombie che fanno una gara di cucina durante una guerra tra due galassie di supernove negli ultimi istanti prima della loro fatale e pirotecnica collisione, mentre questo è un film d’amore sul sapore del pistacchio?
Non guardare alla divergenza di generi, entrambi i film sono stati diretti dallo stesso gran fico, quindi sono entrambi delle grandi ficate.
O con che faccia mi viene presentato, peggio ancora, un film con la scritta “dai produttori di”.
Dai produttori di? Dai produttori di ha funzionato solo per quelli dei cartoni animati, che per grazia divina ancora si risparmiano, ma che razza di paragone è?
Cara grazia che è tardi e che non ho voglia di tirare fuori esempi.
Passo che c’è in televisione la domenica sportiva.
Sono tutti molto eccitati e continuano a ripetere “oggi edizione straordinaria e condensata”
Dopo un po’ che la tirano avanti finalmente dicono perché oggi c’è sta figata di edizione di domenica sportiva tagliata… Perché oggi c’è il superbowl e la Rai per la prima volta lo trasmette in diretta!
No wai.
… Wai.
E c’erano questi telecronisti tutti eccitati che davano le previsioni per la partita della serata, dando informazioni sulle squadre e le aspettative per il gioco.
Commenti tecnici e note storiche.
E tutti esaltati che finalmente anche noi vediamo il superbòul.
A parte che mi chiedo se dobbiamo importare anche l’obesità dall’America o ci va bene prendere tutti i tormentoni…
Non sapevo davvero che il football fosse diventato materia di tale esaltazione anche in Italia. Le cose che si scoprono da un giorno per l’altro!
Mah.
Oggi mi è stata fatta notare una cosa decisamente interessante.
È della serie “perché le cose sono così?”
Il corpo del reato è questo:
Sei sette nove?
Come potete notare, lo spazio è bianco.
C’è scritto “da consumarsi preferibilmente entro” ma poi non c’è scritto nulla.
C’è questa suspance, questo buco che uno interpreta come un vuoto vitale nell’immagine del copriyogurt. Uno cerca la data, gli occhi si sforzano cercando di scorgere una minuscola scritta in rilievo sbiadita, un qualcosa scritto con inchiostro termico, ma invece non c’è nulla.
Continuando la scritta ti sbeffeggia, ti guarda negli occhi e ti dice “mah, guarda, io qui ho uno spazio grosso come una portaerei per indicare la data di scadenza di questo yogurt, ma la scritta potrebbe essere anche… sul vasetto.”
Perché. Per quale motivo con tutto quello spazio bianco non mettono l’indicazione lì?
Ma soprattutto.
C’è qualcuno che mi sa spiegare per quale motivo questi non sanno se è sul vasetto o sul coprivasetto la data di scadenza?