Pensare che le leggi siano la base della nostra civiltà mi intristisce assai.
Dover ammettere che senza le leggi non siamo nulla più che animali, che siano queste squallide norme a tenere in piedi la baracca, è motivo di denigrazione della mia stessa natura.
Leggere un codice legislativo è qualcosa di sconfortante.
È come leggere una groooossa policy aziendale, ma non uno di quei regolamenti di pochi punti per la sana convivenza, non uno statuto da qualche pagina, ma uno di quei regolamenti demenziali che tengono d’occhio ogni minuscola inezia, che li leggi e ti chiedi se ti stanno prendendo per il culo o se sei finito nel Grande Fratello. Una roba da regolamento per un sito internet, pronto a pararsi le chiappe in ogni possibile situazione.
Ma non è così. Più leggi più ti rendi conto che c’è ancora spazio per una discrezionalità ampissima per i giudici, più ti rendi conto che ci sono grossissimi buchi. Un secondo prima ti danno tutto l’elenco dei milletrecento legami di parentela che negano il matrimonio e poi dopo non capisci perché non specificano meglio i casi da matrimonio urgente.
Minuzie, buchi, minuzie, buchi. Questa è l’impressione che ti dà la “legge”, anche se magari è un’impressione sbagliata.
Oltre ad una netta sensazione che moltissime leggi se le potevano risparmiare e lasciare al vero e proprio comune buon senso certe vicende.
Tutta questa impalcatura mi dà allo stomaco, davvero. Capisco la necessità e l’insostituibilità, ma è un po’ come le auto che vanno ancora a benzina: davvero non c’è nulla di meglio?