GMT + 90

L’esistenza di internet pone un grosso problema temporale.

Io sono qui, davanti al mio computer, ore 2 di notte. Ore due di notte significa che dall’altra parte è pieno giorno, o meglio, in genere è mattina, visto che dall’altra parte del mondo tecnicamente c’è il mare.

Comunque sia, è il periodo della giornata in cui la gente aggiorna i siti.

Tutti buttano la roba sui siti. Scaricano tonnellate di mer*a digitale in giro per l’interwebs.

Io sono qui davanti al computer e *puf* automaticamente in piena notte mi vengono scaraventate tonnellate di cazzate una più imperdibile dell’altra sul computer.

In piena notte! 

E io che cosa devo fare? Non posso mica lasciare non lette tutta una serie di contenuti, immagini contenenti gatti e celebrità che dicono cose buffe, fumetti, post di blog interessanti non letti per tutta la notte!

Devo leggere.

Ma poi quando finisco di leggere il programma *puf* riaggiorna e altri siti che ancora non avevano messo su cazzate mentre io leggevo l’hanno fatto, e io devo ricominciare.

Finisce che poi io non dormo.

Ecco.

‘Til the last drop

Suono. Suono il basso. Suono il basso da quasi 6 anni.

La musica è uno di quei campi in cui non si smette mai di imparare. Ma proprio mai.

Tuttavia, ci sono diverse fasi dell’apprendimento e ogni volta che si passa una di tali fasi si può dare per “acquisito” tutto il fatto fino a quel momento e farà parte quasi del tutto del passato – oltre che del bagaglio d’esperienza del musicista.

Ad esempio un esercizio ha senso fino a che non si impara a farlo alla perfezione al massimo della velocità possibile e da lì in poi avrà senso in quanto risultati ottenuti e come eventuali sviluppi futuri di tale esercizio, tipo riscaldamento, ripasso, al massimo ancora più velocità.

Ci sono dunque tutta una serie di cose che ci si aspetta di non ripetere più. Tipo inciampare nel passaggio da una nota all’altra in un particolare intervallo con una data tecnica su cui ci si è esercitati. Ci si aspetta che la “plettrata alternata” per il chitarrista ad un certo punto diventi automatica per tutto ciò che si è appreso fino a quel momento e che tornerà ad essere un problema – ma sempre in maniera differente – solo per esercizi più difficili.

Ero dunque convinto di aver perso buona parte di alcuni problemi prettamente fisici dovuti all’allenamento. Un po’ come i calli fa male formarseli le prime volte che si suona ma poi una volta formati da lì alla fine della vita musicale della persona non saranno più un problema, ci sono tutta una serie di problemi fisici che ci si aspetta finiscano dopo i primi mesi di pratica.

Li avevo accantonati. Non pensavo di dover più provare certe brutte sensazioni a suonare (brutte solo perché fanno male, ma sono belle sapendo che più ci ci allena meno si sentiranno in futuro, Nda).

Ecco che ho fatto cambiamento di paradigma. Ho cambiato radicalmente modo di suonare tre mesi fa e ora sono d’accapo.

Dolore. Dolore suonando. Dolore al punto di stentare, di vedere le dita che non si muovono più.

Il dolore del musicista è brutto. Non ti lascia concludere l’esercizio, ti fa intoppare, ma ti chiede in continuazione di andare avanti, perché più soffri adesso meno soffrirai in futuro. Più ti si indolenziscono i muscoli, più in fretta questo indolenzimento sparirà. Che suonerai meglio.

Non mi ricordavo più di certe cose.

Fino all’ultima goccia. Arrivare a malapena a fine canzone. Sentire le note che stentano ad uscire.

…Qual’è il confine tra masochismo e forza di volontà?

Come ho fatto a dimenticarmi di tutto ciò…

Tapparella

Ho scoperto una cosa interessantissima.

Avete presente quando si va all’estero e si dice “certo che in sta nazione XYZ sono barbari, manco hanno le tapparelle”? Cioè quando si bestemmia perché se non sei in un albergo (e spesso anche lì) non trovi manco delle persiane?

Ho scoperto perché.

Perché non servono.

Cavilia

Ho già fatto un post sui tatuaggi.

Ecco.

L’altro giorno in metro, ho visto. Ho visto.

Ho visto una anziana, *grassa*, grinzosa. Una normale anziana. Con la gonna.
E un gigantesco tatuaggio multicolore sulla sua grossa caviglia sinistra (di quelle grosse che poi entrano stringendosi schifosamente nella scarpa che bleash). 

Cosa rappresentasse, non lo si capiva.

Si perdeva nelle grinze. Il tatuaggio era assolutamente perso. Inguardabile.

La scena era veramente raccapricciante. E ho avuto un flashback di una scena che non ho mai vissuto: una ventenne che si fa fare il tatuaggio sulla caviglia pensando “quanto è sexy, quanto è fico”.

Bleh.

Huge.

Definizione di huge fuck up.

Dover essere in tre posti diversi contemporaneamente e dover scegliere tra seguire una lezione importante, perdere 50 €, fare un favore ad una amica.

Contemporaneamente, ripeto, contemporaneamente. Huge fuck up.

Huge Fuck Up: un incidente tra tram con vari feriti.

Huge Win: Evitare di essere in quell’incidente per mezz’ora.

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L’altrui opinione, il valore

Vale solo…

Allora. Voglio cercare di spiegarmi. Mi è stato detto che sono poco chiaro ogni tanto e allora voglio essere chiaro. Questa volta, si intende.

Uno fa qualcosa. Qualsiasi cosa. Può essere una torta, può essere comporre un brano, può essere dipingere un quadro, può essere un qualsiasi cosa di artistico o meno…

Insomma. Per fare questa cosa è necessario un certo livello di abilità. 

Ci saranno di sicuro persone meno brave e più brave a fare quella specifica cosa.

Però colui che l’ha fatta sembra soddisfatto del suo risultato.

Arriva A: gli dice “bravo!”

Arriva B: gli dice “bravo!”. B è più bravo di A a fare la cosa. Ha una competenza maggiore. 
Il “bravo!” di B vale di più del bravo di A?

Mettiamo che A non abbia alcuna competenza nel fare questa cosa. Sia ignorante completo. Il suo “bravo!” ha valore (a prescindere da ciò che dice B)?
Se poi in realtà l’esecutore è un pirla, ha fatto una schifezza che però agli occhi profani di A è comunque degna di nota, vale ancora il giudizio di A? Oppure l’incompetenza di A è tale e tanta da rendere nullo il suo giudizio?

Pensiamo ai dipinti. Voglio dire, quasi nessuno direbbe che la Cappella Sistina è brutta. Anzi, arrotondiamo a “nessuno” mai si azzarda a dire che la Cappella Sistina è brutta, né tantomeno che abbia richiesto un grande impegno e che il suo valore sia davvero inestimabile.

A vedere un Klimt, aumentano a dismisura le persone che non sanno dare una opinione seria al quadro e si limitano a dire “che cagata” o un ancora più inascoltabile “lo avrei fatto anche io”. Però il quadro è sempre di valore artistico incredibile, e chi di dovere sa dire che è bello. B sa dire che il lavoro è fatto bene, A nella sua ignoranza non lo capirà mai.

Il delta di apprezzamento aumenta all’aumentare della complessità dell’opera? Ci si può affidare solo a chi di dovere nella valutazione di un’opera complessa?

Ma se succede il contrario? Se ad A piace una cosa complessa e a B no?

La musica, al primo bambacchiotto può piacere moltissimo una canzone progressive, complicatissima, senza capirne nulla di musica. Ma magari ad un musicista non piace, non la trova apprezzabile.

A chi affidarsi? A chi dare valore?

C’è oggettivamente una scala di valori delle critiche? Gli strumenti di valutazione sono indispensabili o anche al profano viene data la possibilità di criticare?

Neo

Anni 19. Mi accorgo che ho un neo. 

Sulla guancia destra.

… Della serie, il proprio nome è quello che si pronuncia di meno e il proprio numero telefonico è quello che si chiama meno spesso…