‘Til the last drop

Suono. Suono il basso. Suono il basso da quasi 6 anni.

La musica è uno di quei campi in cui non si smette mai di imparare. Ma proprio mai.

Tuttavia, ci sono diverse fasi dell’apprendimento e ogni volta che si passa una di tali fasi si può dare per “acquisito” tutto il fatto fino a quel momento e farà parte quasi del tutto del passato – oltre che del bagaglio d’esperienza del musicista.

Ad esempio un esercizio ha senso fino a che non si impara a farlo alla perfezione al massimo della velocità possibile e da lì in poi avrà senso in quanto risultati ottenuti e come eventuali sviluppi futuri di tale esercizio, tipo riscaldamento, ripasso, al massimo ancora più velocità.

Ci sono dunque tutta una serie di cose che ci si aspetta di non ripetere più. Tipo inciampare nel passaggio da una nota all’altra in un particolare intervallo con una data tecnica su cui ci si è esercitati. Ci si aspetta che la “plettrata alternata” per il chitarrista ad un certo punto diventi automatica per tutto ciò che si è appreso fino a quel momento e che tornerà ad essere un problema – ma sempre in maniera differente – solo per esercizi più difficili.

Ero dunque convinto di aver perso buona parte di alcuni problemi prettamente fisici dovuti all’allenamento. Un po’ come i calli fa male formarseli le prime volte che si suona ma poi una volta formati da lì alla fine della vita musicale della persona non saranno più un problema, ci sono tutta una serie di problemi fisici che ci si aspetta finiscano dopo i primi mesi di pratica.

Li avevo accantonati. Non pensavo di dover più provare certe brutte sensazioni a suonare (brutte solo perché fanno male, ma sono belle sapendo che più ci ci allena meno si sentiranno in futuro, Nda).

Ecco che ho fatto cambiamento di paradigma. Ho cambiato radicalmente modo di suonare tre mesi fa e ora sono d’accapo.

Dolore. Dolore suonando. Dolore al punto di stentare, di vedere le dita che non si muovono più.

Il dolore del musicista è brutto. Non ti lascia concludere l’esercizio, ti fa intoppare, ma ti chiede in continuazione di andare avanti, perché più soffri adesso meno soffrirai in futuro. Più ti si indolenziscono i muscoli, più in fretta questo indolenzimento sparirà. Che suonerai meglio.

Non mi ricordavo più di certe cose.

Fino all’ultima goccia. Arrivare a malapena a fine canzone. Sentire le note che stentano ad uscire.

…Qual’è il confine tra masochismo e forza di volontà?

Come ho fatto a dimenticarmi di tutto ciò…

6 thoughts on “‘Til the last drop

  1. darionescu ha detto:

    Secondo me nella musica è tutta forza di volontà, voglia di migliorare e di rendere la propria tecnica sempre più corretta..

  2. luca ha detto:

    Marco ma dov’è che ti fa male quando suoni? Perché tendenzialmente quasi tutti i dolori che vengono fuori suonando derivano da un’impostazione sbagliata di qualche arto.

    Mano sinistra, mano destra, dita, pene (cit.)?

    Se alla fine delle prove ti fa male da non riuscire a muoverti mi sa che stai sbagliando qualcosa.

  3. Amidee ha detto:

    Ma non è che fa male da dolore fisico, è male da stanchezza. Semplicemente il mio anulare non è abituato a suonare quasi per nulla, col risultato che arrivo alla fine delle canzoni che è troppo stanco (e quindi fa male) per tirare anche solo mezza nota.
    Tutto lì P:

  4. luca ha detto:

    quindi

    “Dolore. Dolore suonando. Dolore al punto di stentare, di vedere le dita che non si muovono più.Il dolore del musicista è brutto. Non ti lascia concludere l’esercizio, ti fa intoppare, ma ti chiede in continuazione di andare avanti, perché più soffri adesso meno soffrirai in futuro. Più ti si indolenziscono i muscoli, più in fretta questo indolenzimento sparirà. Che suonerai meglio.”

    E’ riferito al dolore del solo dito mignolo? :D

  5. luca ha detto:

    No dai che scherzo, sono contento che non ti stia venendo una tendinite! (questo è una correzione per non sembrare acido :P)

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