Profugo

Ma perché, PERCHÉ.

Perché milioni in piazza a protestare per la scuola, mentre io, povero piccolo tenero universitario, profugo scolastico, non vengo cagato?

C’è una situazione GRAVISSIMA qui!

Sono abbandonato ):

Aspe, io dovevo impegnarmi per i contenuti di oggi? Hm. Facciamo così.

Visto che domani comunque sono in partenza per il Lucca Comics, saluto tutti quanti già da oggi e tornerò a scrivere qualcosa lunedì.

Che la forza sia con voi.

Che barba?

Sono sotto esami. Va bene, cosa piuttosto normale per un universitario, no?

Ok. Sono sotto torchio. Cosa succede all’uomo medio sotto esami?

Si imbruttisce. Nel senso che stando chiuso tutto il tempo in casa non sta a badare alla sua persona.
Sono tre giorni che manco mi pettino.

E normalmente cosa succede, all’uomo medio dopo magari una settimana che studia solamente?
Ha una foresta in faccia no?

No, no no. Non io.

Ma non è la barba il punto fondamentale. Come mi è stato fatto notare da più di una persona, la barba la si sente come una mancanza di virilità finché non te la cucchi ed è una rottura di palle immensa.

Non è la barba. È che invece della barba mi sono accorto che ho più peli sulle braccia del solito.

Sembra quasi che li abbia.

Permettetemi lo sfaso.

YES YES

YES

Dindindindindindindindindindind STOP! I lost my contact.

FOUND IT!

Questo è tutto ciò che mi è rimasto da dire per la giornata. Prometto che per domani mi impegno.

Barack

La notizia di ieri di un complotto neonazi per uccidere Obama sventato mi ha fatto venire i brividi lungo la schiena.

Non tanto per l’attentato, non tanto per l’idea che sta dietro, non tanto per i nazi e non tanto per Obama.

Per l’idea che i candidati debbano convivere pacificamente con l’idea che qualcuno nel loro paese li voglia morti. Con l’idea che qualcuno ci proverà pure.

È chiaro che fa parte del loro mestiere, che è intrinseco nella vita politica essere a rischio di vita.
Ma io avrei seri problemi ad accettare il fatto che se qualcosa fosse andato storto nei controlli dei servizi segreti dei bambocci mi avrebbero sparato contro. Seri problemi ad accettare il fatto che c’è una concreta possibilità che io muoia per mano altrui.

È qualcosa di estremamente lontano dalla nostra vita la possibilità che qualcuno ci voglia morti. Lontanissimo. Qualcosa che non possiamo nemmeno immaginarci in linea teorica.

Il silenzio dei dipendenti

La cucina è deterministica.

Non ci credete?

Io dico di sì. È deterministica nella misura in cui un piatto perfetto risulterà anche al più becero un buon motivo per stare… Zitto.

Il cioccolato passa, si scioglie in bocca… E il silenzio generato dall’ingestione del primo boccone permane, pure dopo l’assaggio, pure dopo il secondo, dopo il terzo, dopo il quarto, dopo ogni boccone.

E permane finché non si conclude la porzione. E permane anche un po’ dopo, diciamolo.

Bisogna saper trarre soddisfazione dai propri risultati. Mutare magari trenta persone con la propria pietanza è, a tutti gli effetti, una vittoria personale.

La cosa in me genera un effetto secondario.
Il silenzio dei dipendenti vuole il silenzio attorno a se.
È un silenzio che va

Rispettato.

Cambio decisivo

Il miglior cambio è quello che non si sente passare.

No. Non è vero.

Il miglior cambio è quello che scombussola il più possibile, che ti permette di rivedere tutto da capo e rifare in meglio grazie alle passate esperienze.

Il cambio però per quanto faccia bene, fa malissimo sul breve periodo.

Insomma quindi il cambio più bello è quello che non si sente. Quello che meno ci dà fastidio.

Mi piace notare che c’è una particolare tipologia di cambiamento che si distingue dalle altre.
È il cambiamento completamente senza problemi, che passa senza farsi quasi notare, di cui però ci si accorge quando ci si confronta di nuovo con il vecchio paradigma. E ci si chiede davvero come si facesse prima.

Il mio esempio tipico sarebbe il passaggio da PC a Mac. Ormai banale. Ormai scontato. La gente mi piglia per il culo abbondantemente su questo per cui eviterò di espanderlo.

Il mio esempio migliore invece è un altro.

La respirazione. Mi è stato insegnato a respirare con l’addome. Cosa che ogni musicista di strumento a fiato – cantanti inclusi – DEVE imparare per forza. Io non suono nessuno strumento a fiato ma mi è stato caldamente consigliato (dove ovviamente con “caldamente” intendo “assolutamente” e con “consigliato” intendo “obbligato”) di respirare con l’addome. Perché? Perché fa bene. Perché è giusto così.

Pazienza dico io. Lo faccio, non mi costa nulla, è assolutamente identico per me respirare nell’una o nell’altra maniera. E così ho metabolizzato con relativamente poco sforzo la respirazione addominale. La uso sempre.

Oh. Se io adesso provassi a respirare con il petto mi dovrei sforzare abbondantemente e mi sentirei proprio un cretino. È qualcosa di completamente innaturale. E sì che fino a qualche anno fa mi sembrava il modo giusto e naturale di respirare!

 

 

 

 

 

 

 

… E pensate come mi sento quando uso un computer con su Windows!

Birthday

Auguri Ago!

Ah, è domani?

[…]

Auguri Ago! Questa volta ho preso il giorno giusto eh?

 

 

 

La cosa mi ricordo era già ben nota anche 6 anni fa, quando la gente usava ICQ e non MSN. ICQ era solito rompere le palle a tutti quanti ti avessero nella lista contatti da una settimana prima del tuo compleanno.

Risultato: una settimana di gente che ti fa gli auguri. E poi il giorno stesso milioni di persone a farti gli auguri.

Chiuso ICQ, non una telefonata, non un messaggio. Ovviamente!

Quanto costa mandare un messaggino su internet, no?

Insegnare

Insegnare è stupendo. È una delle cose che più mi piace.

Il problema è che ho poco da insegnare. O meglio, avrei ben da insegnare in particolari campi. Ho un sacco di competenze specifiche che posso passare, solo che in nessun campo da esperto, risultando quindi poco adatto all’insegnamento.

Non è giusto insegnare qualcosa se non si è esperti, se non si ha una competenza tale da poter fare qualcosa quasi per mestiere. Circa. Tutto è relativo.

Però ho insegnato, ho insegnato una volta e non vedo l’ora di rifarlo. Ho insegnato e non mi è piaciuto come ho insegnato e ho voglia di voler migliorare, di farmi capire di più.

Di migliorare il mio insegnamento. 

È come se tramandassi parte di me.

$25 billion

Come ogni quadrimestre una “strana società di frutta” annuncia i risultati ottenuti negli ultimi – per l’appunto – 4 mesi.

Quando hanno annunciato che il loro fondo di copertura è aumentato da 18 a 25 miliardi di dollari, ancora una volta mi sono chiesto che cosa potrei fare io povero pirla con 25 miliardi di dollari – cifra che evidentamente non viene intaccata nemmeno dagli investimenti maggiori della società.

Ancora una volta so perfettamente che non potrei farmene assolutamente niente di nulla.

Però per la prima volta mi rendo conto che un euro sul superenalotto potrei anche giocarlo. Sai mai. “Un problema in meno a cui pensare” (giusto per continuare la citazione, no?).

La sapete la barzelletta del veneziano che prega Dio di farlo vincere alla lotteria per tutta la vita e quando poi muore chiede a Dio perché non lo ha fatto vincere e Dio gli risponde “ma mona almeno compralo un biglietto”?

No? Beh, è una bella barzelletta, dovreste farvela raccontare, davvero.

Ho sorriso quando mi è stata raccontata.

Domanda lecita.

L’altro giorno avevo fatto un post su perché le tapparelle spesso non ci sono in altri paesi.

Io ho risposto con la giusta risposta. Perché non servono.

Bhe, insomma, credevo che la risposta fosse più che sufficiente, che non avesse bisogno di grosse spiegazioni e che fosse facilmente verificabile. Evidentemente non è stato così visto che mi è stato domandato “perché non servono?”.

Allora oggi ho concluso che la domanda alla fine è lecita. È lecita perché in effetti non è applicabile a tutti quanti e quindi non posso sperare che tutti giungano alla stessa conclusione.

Come prima per rispondere ci tengo a dirvi che il motivo per cui non vengono usate non è perché nei paesi fuori dall’Italia in cui non mettono le tapparelle (leggasi paesi più a nord) tendenzialmente hanno meno luce di noi. Sono stato in India e mannaggia se avessi visto una tapparella in due settimane e lì di luce ne hanno ben più di noi. Anche nei paesi arabi mai viste tapparelle. Posti dove a mezzogiorno anche in inverno pieno ci si spacca di luce.

Bene, la risposta è che si sottovaluta pesantemente la capacità dell’uomo di dormire con il quantitativo di luce medio che può passare di notte e nelle prime ore dopo l’alba in una stanza non orientata verso est – sudest.

Io ho sempre dormito pieno di tapparelle abbassate. Mai un filo di luce in camera.

Finché non ho dormito con tapparelle aperte di proposito. E ora dormo solo con tapparelle aperte.

Quello che ho capito è che c’è una stretta minoranza di persone che veramente non possono dormire anche solo con un filo di luce (mio padre era uno di questi) che quindi non possono arrivare a tale conclusione. 

Le tapparelle non sono necessarie. Anzi, è possibile che voi troviate molto più rilassante svegliarsi al mattino con la camera illuminata, solo non lo avete mai sperimentato con questo spirito.