Il conto è veramente scemo. I posti sono tanti, i milanesi sono pochi.
Però uno non ci pensa. Dà per scontato che la maggior parte degli universitari di Milano siano milanesi. Assunto completamente sbagliato.
Più divertente si fa la cosa quando le percentuali si spostano su regioni più o meno presenti nel sistema universitario milanese – a quanto pare i terroni vengono su a fiotti, ma la gente del nord se ne sta a casa sua. Calabresi.
E Sardi. Pacchi di Sardi. Tanti tanti Sardi.
Credo che sia una questione di fatica e di qualità, nel senso che già che si fa fatica, che ci si sposta, almeno che lo si faccia per un motivo, che si cerchi il meglio.
Altrimenti non mi capacito che vengano dal sud per andare a studiare ingegneria a Milano, che nella mia mente è qualcosa di relativamente stabile, di poco variabile da università ad università.
Mi ricordo delle elementari. Nessuno veniva alle elementari di Milano 2 se non gli abitanti di Milano 2, no? (Oggi non è più vero, vengono anche dai comuni esterni) Perché non c’è necessità.
Alle medie di Milano 2, fastidiose da raggiungere dai comuni limitrofi, ci venivano e ci vengono tutt’ora pullman pieni di ragazzini. Pieni zeppi! Gente dai più svariati comuni.
Motivo? Qualità. Specialità dei corsi. Però uno non pensa che magari classi intere di una scuola media siano piene di gente non del comune di appartenenza della media stessa. È strano.
Al liceo tutto ciò diventa normale.
Dopo tutto ciò che succede non è nulla di più che spostare la stessa percentuale che prima era di “gente da altri comuni” a “gente da altre città”. Basta questo per ottenere un bel quadro della situazione, direi. Le cifre sembrano le stesse.