Tempo!

I miracoli della percezione.

Quando mi allenavo ai videogiochi in prima persona, ogni tanto facevo un allenamento malato in singolo giocatore contro il computer con il gioco che andava al doppio della velocità.

Giocare a velocità raddoppiata è difficilissimo, richiede proprio il doppio dei riflessi colpire l’avversario. Una volta finito l’allenamento (una mezz’oretta a giocare così tira scemi) mi collegavo subito in modalità multigiocatore e venivo accusato di barare da tale era la precisione ottenuta.

Una volta tornato a velocità normale infatti mi sembrava che gli avversari fossero in un grande e grosso acquario e tutto diventava più semplice. Essendo i giochi in prima persona basati sulla mira e sui riflessi, avere tutto apparentemente molto più lento fa sì che risulta più facile mirare e sparare al momento giusto ai nemici.

L’effetto dura circa cinque minuti, dopodiché ci si riabitua al tempo normale. Non mi sono mai impegnato a tenere questo allenamento per più di un tot, altrimenti credo che sarei potuto arrivare a livelli veramente fuori dall’umano.

È come il musicista che suona un pezzo più velocemente del tempo normale per poterlo fare più fluido in situazione non di allenamento.

Stessa cosa. Però è come se ti dessero il superpotere dei riflessi di ragno per 5 minuti. Whoa.

Era mio padre

Mio padre era solito informarsi molto di economia, nonostante fosse medico –> c’entrava nulla con tale mondo.

Bhe, come dire, tutto il casino della crisi americana… Bhe, lui continuava a dirlo e l’ha detto praticamente fino a che ha potuto che ci sarebbe stato tutto ciò. L’aveva predetto con una precisione incredibile nelle modalità e con una infinita imprecisione nei tempi.

Lo ripeteva spessissimo. L’America è sull’orlo di una crisi economica galattica, l’America sta per crollare, l’America è sull’orlo del baratro… E con lui i suoi colleghi, i suoi amici che lo seguivano in questa sua passione. Lui voleva, probabilmente, sfruttare gli eventi in qualche maniera. Come, non ne ho la più pallida idea.

Così, come dice mia madre:

Io ripenso a papà e ai suoi discorsi sulla crisi americana. E ora l’unica cosa che mi viene da dire in questi giorni è “ok, e ora che devo fare?”

Mannaggia a te. Mannaggia.

Donne, dududu

In fase di PR iniziali universitarie, è fondamentale conoscere chiunque. Ancora più fondamentale è conoscere qualcuno che ti presenti chiunque.

Così è successo che mio cugino (giuro che il post è interessante!), ormai al – credo – quint’anno oggi mi prende con se e mi presenta un certo pacco di gente. Ai miei occhi, tutti quanti minimo del terz’anno.

Parlo un po’ con tutti, cazzeggio, pranzo assieme a questo gruppo di gente un pochino più anzianotta :D

Tra queste persone c’è una bionda, di Pisa. Anche lei, essendo del gruppo prima presentato, la catalogo come “triennio molto avanzato – magari specialistica inoltrata”. Tutto a posto.

Finché non mi dice la frasettina magica: “Sì io sono del second’anno ma ho fatto la primina, quindi siamo dello stesso anno”. Ah.

Il piacere – o la dannazione – di essere *molto* giovani è che in genere capisci subito chi è tuo coetaneo e chi no. Per il famoso teorema del “prima dei 18 anni gli esseri umani non hanno aspetto umano”, c’è una netta linea di demarcazione tra le due fasi.

Già, peccato che non mi era ancora capitato di farmi fregare dalla linea.

Di fatto, ho sempre pensato che le mie coetanee non fossero granché mature, almeno d’aspetto. Nulla di male eh, ma mediamente tra una giovine ed una donna passa moltissimo, specie quando una spiccata riluttanza al passaggio fa sì che una persona ampiamente adulta si metta su e si comporti come una che adulta di certo non è.

Ho vissuto pacificamente con questa cosa fino ad ora. Nessun problema con le mie coetanee.

Finché, d’un tratto, sono fregato. Passata la linea, non credo di potere o aver gran voglia di tornare indietro.

Donne, dududu…

Gosh.

Coca

Avete presente quando dicono alla televisione “a Milano la sera una persona su tre fa uso di cocaina” o numeri simili?

Quando uno si dice “sì ma se questi sono i numeri qualcuno dei miei amici\conoscenti di certo ne fa uso?”

Ecco. La domanda è lecita finché non vedi uno che davvero pippa. Nel senso lo vedi perché ha pippato 10 minuti fa.

Le esperienze di una vita. Ma non se ne poteva fare a meno, onestamente?

Un mattone nel tessuto

Del discorso della consegna delle lauree di Ingegneria Informatica tenuto da nonsopiùchi, ho capito ben poco.

C’erano parti che avevano senso sintattico ma non avevano senso logico e viceversa.

Parti mancanti di conclusione sensata, parti non portatrici di un qualsivoglia concetto, parti portatrici di un concetto chiaramente sbagliato. Insomma, non un gran discorso.

L’efficacia di un discorso si riconosce subito da quanto rimane impresso nelle menti di chi lo ascolta. Il discorso di Steve Jobs (discorso “Fan Apple” a parte) me lo ricordo in buonissima parte e ne ho fatto parte della mia filosofia di vita, così come il discorso di Randy Pausch se lo ricorda chiunque l’abbia visto nella sua interezza. E sono dei gran cazzo di discorsi.

Di quel discorso ricordo solo 11 parole: “[…] conoscenza che andrà a formare un mattone da inserire nel tessuto […]”. In pratica, mi ricordo solo di una minchiata detta.

Viva l’efficacia.

Ricomincio da 37?

Normalmente io sono una persona molto pacata che non ha voglia di buttare tutto nel cesso per ricominciare da zero se non in favore di un grande, gigantesco vantaggio.

Ricominciare significa ovviamente rifare tutto daccapo e in genere l’organizzazione e la pulizia e l’agilità che si guadagna nel poter rifare tutto senza l’impiccio del vecchio non è un vantaggio sufficiente per la sbatta.

Nei rapporti sociali ancora non lo trovo vantaggioso ricominciare da zero. Guadagni in numero, guadagni in abilità, guadagni in esperienza dagli errori del passato, ma perdi troppo.

Ricomincio a 37. Ero a 12500.
Ogni tanto bisogna rimboccarsi le maniche e ricominciare da zero anche se magari non si voleva, anche se magari si sarebbe preferita la situazione stabile.

Magari si trovano vantaggi nascosti.

Tempistiche

Mercoledì scorso io cominciavo i corsi universitari.
Nei minuti in cui sentivo le prime parole da universitario, mio fratello riceve la conferma dei voti positivi dei suoi ultimi esami, uscendo così dall’università (o almeno concludendo la sua prima fase).

Tempistica. Non puoi dire di averla vista finché non azzecchi il quarto d’ora su 5 anni.

Spiegare o…

Oggi il buon… Lui, colui che al di sopra di tutto e di tutti sta (sì, più o meno) in maniera scherzosa, ma sempre intendendo ciò che diceva, ha dato una piccola analisi di un mio comportamento.

L’analisi mi ha colpito.

Mi ha colpito in vari modi, ovviamente. Il primo è che non mi pareva una analisi corretta. O quantomeno la trovavo vera in maniera molto parziale. Purtroppo abbiamo a che fare con una persona dalle (probabili) competenze specifiche in maniera di analisi comportamentale superiore a chiunque legga queste pagine, me compreso. Quindi non ha detto cose per vanvera.

In secondo luogo l’analisi era sì, giusta, ma traeva conclusioni sbagliate.

In terzo luogo l’analisi era sì, giusta, traeva sì conclusioni parzialmente corrette, ma si basava su un presupposto totalmente errato.

In quarto luogo ho reagito male, dentro di me, perché ho considerato l’analisi in contrasto con i miei principi FONDAMENTALI di filosofia di vita. Dove con FONDAMENTALI intendo cose che sono alla base del mio comportamento di ogni giorno.

Ha cominciato dunque un processo di rigetto dell’analisi, di scuse verso me stesso.
Intanto ho provato pallidamente a spiegare la cosa, ma non era una spiegazione, continuavano ad essere scuse.

Dopo due ore passate a ripensare sulla mia azione di partenza e sulla analisi data, di rigettare le Sue parole ero sull’orlo di riconsiderarmi completamente, al punto di credere di aver sbagliato tutto. Proprio perché rigettavo l’analisi credevo di essere esattamente come l’analisi mi descriveva.

Poi mi sono svegliato, mi sono detto “Ma che cazzo dico, io so come sono, questa analisi non c’entra una fava con quello che sono. Ha senso, sì, ma non è quello giusto. E il fatto che rigetto l’analisi non è questione di scusarmi verso il mondo o di ingannare me stesso. È che non sono io, punto.”

Ho capito perché l’analisi è risultata così e fondamentale è stato capire che tale analisi è stata scelta razionalmente da me.

A questo punto non posso fare altro che una MIA analisi di me.
La mia personalità è molto stabile. Il mio modo d’essere e d’agire è molto ben definito. Tale solidità è derivata da un approccio molto scientifico, positivo. Ma la cosa fondamentale della scienza è la sua falsificabilità. Quindi quando un elemento cerca di falsificare la mia posizione, di metterla in discussione, non devo più panicare. È giusto che sia così e probabilmente ne uscirò più forte di prima.

DUE cose finali.

Una. Ricordatevi del titolo, non l’ho messo lì a caso.

Due. Devo stare zitto, in Sua presenza. ZITTO.

ZITTO, cazzo.