Mi sono stupito non tanto per l’insufficienza della mia terza prova quanto per il curioso punteggio pieno alla prima prova scritta, il tema.
Ok, va bene, scrivo tanto e spesso grazie al mio blog e grazie al forum che frequento. Ma è davvero un altro pianeta rispetto a scrivere un tema d’esame.
Per quanto io voglia un bene dell’anima alla mia (ormai ex) professoressa di Italiano, spesso e volentieri mi sono trovato in un qualche genere di disaccordo con le votazioni ai miei scritti; anche se ciò è valso sia in positivo che in negativo (voti più alti o più bassi di quanto aspettato), è sempre stato piuttosto chiaro come non ci trovassimo sotto questo punto di vista.
Diciamo che durante l’anno ho imparato a sottovalutare un po’ il mio operato “per evitare sorprese”.
La sorpresa è arrivata quando è arrivato un’altra persona a valutare il mio scritto; scritto che io consideravo molto bello ma avrei messo in serio dubbio l’eventualità di un punteggio pieno. Figuriamoci la proposta di sottoporre lo scritto ad un concorso!
La via di quello che punta basso è facile. Non delude mai aspettative, non si stupisce di un risultato scarso e trova sollievo e felicità in qualsiasi cosa che ottiene in più del suo basso obiettivo. Viceversa, l’ambizioso non vive sereno finché non ha il massimo risultato, finché non riesce a dimostrare a se stesso (e magari anche agli altri) di riuscire a fare il meglio del meglio del meglio.
[ A sentirne parlare e rimarcarne due volte alla settimana per anni da un semipazzoide sclerato, il concetto di “il meglio sta nel mezzo” alla fine si finisce ad applicarlo anche nella scelta della sabbia del gatto, NdM]
C’è netta differenza tra una persona che punta basso e una persona che dà un peso relativo al risultato pur dando il massimo di sé in ogni occasione.
Puntare basso è meschino. Le persone piccole puntano in basso. Non vale nemmeno la pena parlarne.
Ma quando si riesce a ridimensionare la portata degli eventi che ci circondano, si diventa capaci di controllare e gestire meglio le situazioni: a questo punto dare il meglio di sé diventa più facile o per meglio dire efficace.
L’angoscia (ossia la paura di sbagliare) è qualcosa di perfettamente umano; è facile però capire che è troppe volte immotivata o comunque presente in quantità superiori a quanto la situazione consideri logico.
Metà delle volte l’angoscia si può ridurre drasticamente pensando che chi ti sta giudicando è pur sempre un umano. E che i giudizi non sono quasi mai permanenti.
La seconda cosa fondamentale è che qualunque cosa uno debba fare, a meno che non si debba pilotare uno space shuttle, avrà un impatto mediamente corto nella propria e nella altrui vita, comunque non permanente, insomma nulla di tragico.
La terza cosa è che sbagliare è umano e chiunque non capisca ciò è letteralmente un coglione e come tale non si può permettere di giudicarti o giudicare il tuo operato. Pensiero pericoloso, in quanto comunque si deve fare il possibile per non sbagliare, ma di sicuro utile per rilassarsi.
La quarta cosa, moltissime volte se ci viene dato un compito è perché siamo in grado di svolgerlo. Una prova a cui siamo sottoposti per cui non abbiamo qualifica particolare (a meno di dolo personale in tale mancanza), è già di partenza una richiesta sbagliata e come tale non deve poter provocare angoscia.
La quinta cosa, la più importante, è che qualunque cosa succeda se si dà il meglio di noi stessi (che include il non rovinarsi per l’obiettivo, nota bene) nessuno avrà mai un cazzo di nulla da ridire. In primis, sé stessi.
Questo per quanto riguarda l’angoscia.
Si ricorda al lettore che l’angoscia è completamente differente dalla paura, dalla quale è molto, ma molto, ma molto, ma molto, ma […] più difficile sfuggire. Ah, la paura è l’invenzione #4 migliore della vita, chiaramente.
Ma questo è un altro discorso…