Facciamo tutti gli auguri a quelli che sono nati il 29 di Febbraio, visto che è il loro complequadrianno!
Deve essere magra una vita con un compleanno ogni 4 anni ):
(lol?)
Facciamo tutti gli auguri a quelli che sono nati il 29 di Febbraio, visto che è il loro complequadrianno!
Deve essere magra una vita con un compleanno ogni 4 anni ):
(lol?)
Son sei anni che posto ogni benedetto giorno sullo stesso forum.
Quando sono arrivato lì non avevo nemmeno l’ombra di un pelo che non fossero i capelli.
La gente su quel forum per sfottermi cominciò a chiamarmi “quattordicenne del cazzo” al suddetto compleanno.
Fate vobis di come mi sento oggi. Un po’ strano, ecco. Se penso a quanta acqua è passata sotto i ponti in questo lasso di tempo sto male.
Tanti auguri a me.
Arriva il primo degli anniversari di Febbraio, quello più importante.
Quanto mi manchi, non si può nemmeno immaginare.
Siamo andati all’indiano a mangiare stasera. Avrei proprio voluto che fossimo in quattro.
Proprio tanto.
Il meglio è di certo quando TE LO FAI DA TE.
Quando guardi al prodotto finale ed è uno o più a scelta tra:
A quel punto puoi dire che il tempo è stato proprio speso bene.
Per motivi di auto che piscia verde (dopo 13 anni di onorato servizio la vaschetta del liquido refrigerante della Volvo ha deciso di abbandonarci) sono un tot di giorni che continuo a frequentare il mio meccanico.
E ci sono dovuto stare per un bel tot, magari 3040 minuti, prima che venisse il mio turno e i lavori venissero svolti.
Ho avuto la possibilità di vedere abbastanza in profondità il lavoro di un’officina.
Nulla di particolare, ognuno fa le sue cose e ogni tanto passa qualcuno a dare una mano.
Ma mi sono accorto di come queste persone hanno imparato meccanicamente a fare un tot di cose atte ad aumentare la produttività (hanno un bel numero di auto sempre a riparare).
Mi sono accorto infatti fin da subito che c’era proprio qualcosa di… Strano.
C’era qualcosa nel loro agire che sembra randomico (prima lavorano su un’auto, poi vanno su un’altra, poi danno una mano a qualcun altro) che sfuggiva, che rendeva una banale officina un posto così stranamente… Pulito e ordinato.
Finché dopo un paio d’ore passate ad aspettare di venir cagato (spalmate in vari giorni), mi sono reso conto di cosa c’era di strano: mettevano tutto (e dico TUTTO, ogni singola virgola dell’officina) perfettamente a posto com’era prima di cominciare il lavoro.
Ad ogni lavoro sono abituati a ripartire con l’ambiente di lavoro originale e terminare rimettendo tutto in ordine.
Anche ogni strumento, ogni tanica, ogni oggetto viene puntualmente rimesso nella sua cassetta, armadio, scaffale ogni volta che termina il suo utilizzo. Non c’era manco mezza chiave lasciata per terra, non un cacciavite fuori posto. Le lampade che usano dappertutto vengono riagganciate ai pannelli degli strumenti ogni volta che vengono spente. Le taniche vuote vengono buttate via subito e ogni pozza di liquido che si forma appena possibile viene scopataasciugata via.
Pure gli stracci hanno un loro posto fisso dove vengono continuamente riposti.
Sembra che ad ogni giro perdano tempo a rimettere tutto a posto, ma se penso a quanti anni a cercare chiavi inglesi e cacciaviti devono aver passato prima di arrivare alla conclusione che va tutto rimesso al suo posto capisco che non è una cosa così immediata.
E sono certo che se tutti facessero così sul loro luogo di lavoro (e anche alle proprie abitazioni) andrebbe tutto meglio.
Ogni volta che butto via un pezzo di carta ci devo pensare su molto.
Per buttare via i pacchi di carta vecchia devo fare veramente uno sforzo. Almeno so che verranno riciclati – e bene.
Ogni volta che accartoccio un foglio per buttarlo in un cestino non a raccolta differenziata il rumore dell’appallottolamento mi fa accapponare la pelle. Il movimento, il vedere la carta che si accartoccia per venire poi scartata mi danno fisicamente fastidio.
Immaginatevi quando mi capita di fare le pulizie “grandi” dove magari devo buttare via accumuli di carta “da appuntacci” di 10, 15 anni. Mi capita, visto che casa mia è piena di questi residui di mio nonno che aveva una mania per la cancelleria.
Devo buttare questi pacchi di carta praticamente intonsi perché altrimenti non hanno alcun utilizzo. Blocchi di appunti che nessuno usa in casa mia, interi ed mai toccati, da scartare.
È una delle parti del consumismo che più mi dà fastidio, anche se ormai è una di quelle meglio rinnovate e parte di un ciclo di riciclaggio.
È un usa e getta che non dovrebbe proprio essere usa e getta, per nulla…
Quando vado in giro per Milano (e non solo) spesso mi viene una piccola speranza (o forse voglia) di incontrare una faccia nota di qualche genere, con predilezione per le persone che non vedo da molto, molto tempo.
Possono essere le persone più svariate: un mio compagno di classe delle elementari\medie, un amico di internet incontrato 6 anni fa ad un raduno (o peggio ancora mai visto), colui che fu il mio maestro di chitarra 7 anni fa… Gente assolutamente random di cui per tutto il tempo che sono in giro ho speranza di vedere e di scambiare almeno un saluto, anche di sfuggita.
Immagino che dalle porte dell’autobus che si aprono compaia la figura proprio di quella persona, che alla fermata della metro mentre aspetto mi giro e OH non mi ero accorto che c’era lui\lei lì accanto a me…
Una volta mi è capitato di vedere esaudito il mio desiderio ma a metà: volevo proprio vedere una persona ma ho incontrato la sorella gemella… Oh, ci si accontenta.
La cosa più divertente di questi incontri è che poi si è riluttanti a salutare perché dopo anni che non ci si vede proprio non ci si riconosce, asd.
Alla mia prima possibilità di voto io non saprò cosa votare. Normale. Il problema è che in genere si ha almeno un qualche partito, un candidato, una lista che sta un po’ più simpatica di altre, qualcosa che sia una alternativa al lancio della moneta.
Se io avessi dovuto votare alle ultime elezioni sarei stato molto indeciso ma sarei giunto ad una buona conclusione.
Ma a questo giro io voto praticamente random. E visto che ho già capito chi vincerà al 99% per una superiorità di campagna elettorale veramente senza paragoni e dato che dubito che il mio voto andrà a quel partito, so già che andrò solo ad ingrossare le file dell’opposizione, rendendo la mia scelta ancora più difficile e demotivata.
Propongo di tornare alla monarchia, così non ci devo pensare più >_> così poi se qualcosa va male si incolpa l’intoccabile “re”, no?
Nella fotografia si impara una cosa più che fondamentale.
Il rispetto. Secondo me è la prima cosa da imparare dopo la pura tecnica.
Si rispetta per una questione prettamente finalistica, ma si rispetta. E come dice Stefano, a furia di continuare a impostare un certo stato d’animo anche solo per poche ore al giorno – o alla settimana – questo stato d’animo (che può essere tranquillità, rispetto ma anche cose negative) alla fine ti influenzerà anche fuori da questo piccolo arco di tempo.
Rispetti il modello\a a cui stai facendo la foto: un ambiente di lavoro sano e professionale (ciò non vuol dire per forza serio, in genere su un set si dicono le peggio cazzate proprio per “smollare” la tensione) è necessario per poter fare le foto in santa pace, per poter avere il meglio nel minor tempo possibile. Con il tuo soggetto incazzato od ostile non si va da nessuna parte. Davvero.
Rispetti la persona comune a cui fai la foto: quando fai una foto a qualcuno per strada gli si chiede sempre il permesso. SEMPRE. E se non accetta non si cerca di corrompere, si accetta la scelta e ci si dice semplicemente “peccato”.
Rispetti gli animali: il fatto che siano animali o insetti non li rende meno degni del tuo rispetto. Non si uccidono gli insetti per metterli in posa. Piuttosto li congeli (v.). Piuttosto non gli fai le foto. E gli animali non si disturbano nel loro habitat naturale. E se sono nello zoo, non significa che gli puoi scassare l’anima per cercare la foto voluta.
Rispetti le abitudini\credenze: se sei nel mezzo dell’Africa e il tuo soggetto crede che con una foto gli rubi l’anima, la foto non la si fa PUNTO E BASTA. Manco di nascosto. Fine. Non si cerca di convincere.
Rispetti i luoghi: Un luogo sacro è un luogo sacro. Sacro può essere un tempio, una moschea, una chiesa ma anche una casa altrui. Se lì dentro non si fanno le foto, non si fanno le foto. Fine. E se il luogo sacro è una foresta incontaminata, sarà meglio che lo sia anche quando vai via. E anche quando fai le foto. Non siamo fatti d’aria.
Rispetti le sfighe altrui. Ma tanto. Il lavoro del fotogiornalista è un lavoro infame, perché magari devi andare a fare la foto sulla zona di un incidente dove qualcuno ci ha lasciato le penne. Magari con questo qualcuno ancora presente. E devi farlo nel modo più rispettoso possibile. Devi poter fare le foto ad un funerale senza che nessuno manco si accorga di te – e vi assicuro che le macchine fotografiche sembrano fare un rumore della MADONNA in queste occasioni, pare di pilotare un jet 747 e non una reflex. Il flash te lo puoi scordare, ovviamente.
Rispetti il lavoro altrui, per cui se ad una esibizione ti dicono “niente flash” il flash non lo fai partire. E se la situazione è quieta (tipo una rappresentazione teatrale), proprio per il sopra citato problema di rumore non si fanno 9 foto al secondo, anzi, si devono dosare gli scatti col contagocce.
È tutta una questione di rispetto, continua.
“Do what you want ‘cause a pirate is free…”
Il momento più bello del far parte di una “setta segreta” come gli appassionati di computer et similia è quando una moltitudine di dimensioni critiche di tali soggetti si incontra.
In realtà ad ogni convegno specifico di un certo campo i radunanti sono felici di essere tra loro “simili”, ma essere un nerd tra nerd è una sensazione molto strana.
Gli interessi che coltivo sono condivisi da una percentuale della popolazione molto, molto bassa. Così per me diventa molto difficile parlare con altri di notizie riguardanti il mondo del computer: si contano sulle dita di una mano gli amici con cui posso parlare liberamente di tutto, già con molti devo ridurre di molto la tecnicità degli argomenti di discussione (e quelli con cui parlo liberamente spesso devono farlo con me, ma questi sono dettagli); con il resto del mondo parlare di certe cose è mediamente come spiegare la relatività ristretta ad un bambino. (“Hey, la Apple ha lanciato il portatile più sottile mai visto sul pianeta Terra”… Seriamente, a chi cazzo frega?)
Voglio dire, di appassionati di motori ce ne sono a milioni e di gente con cui parlare di sport è pieno il mondo. Di appassionati di informatica ce ne sono pochi e tendono a stare rintanati in casa, di fotografia a livello dettagliato ce ne sono sempre di meno… Insomma, è un pacco: l’unica soluzione per incontrarsi è internet.
Per cui andare ad un convegno specifico di questi campi è qualcosa di stupendo.
E vi assicuro che per me andare in giro per il Lucca Comics e SAPERE che la maggior parte della gente capisce le mie magliette, che ci sono migliaia di persone tutte intorno a me che condividono i miei stessi interessi e anzi con tutta probabilità sono più preparate di me su alcuni di essi è come per un astronomo puntare il telescopio al cielo e trovare un pianeta abitato: scopro che non sono solo all’universo!
E allora canto in giro per questa fiera dei fumetti una canzone di internet, “Do what you want ‘cause a pirate is free…” e quasi non mi stupisco quando un perfetto sconosciuto accanto a me conclude il ritornello cantando “YOOOUU AAARE A PIRAAATE”. È tutto perfetto, è un’armonia, è un raduno di persone che sono sempre state amiche, solo non si sono mai potute vedere.
È come un concerto metal, dove tutti si guardano negli occhi e sanno di potersi considerare in qualche modo “fratelli”. E qui non c’è nessuno, NESSUNO che ti guarda male per le tue passioni “strane”. Un sogno.
Ma poi tutto finisce e si ritorna nel proprio guscio, aspettando la prossima volta…